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Come ogni esecuzione capitale, 
l’impiccagione di Saddam Hussein è un atto barbaro e preistorico, da condannare 
senza esitazione. In questo caso, poi, si aggiungono l’ipocrisia e la cieca 
arroganza che contraddistinguono spesso l’operato degli Stati Uniti e dei loro 
governi-fantoccio: si dimentica che Saddam è stato per anni un fedele alleato 
degli USA e proprio in quel periodo ha commesso molti dei crimini di cui viene 
accusato. Le vittime della sua politica brutale, inoltre, non sono tanto diverse 
per numero e orrore da quelle causate dalle mostruose scelte degli Stati Uniti. 
Se si dovesse seguire questa logica aberrante da “occhio per occhio”, Bush, 
Rumsfield e compagnia dovrebbero subire lo stesso trattamento, giacché i loro 
crimini non sono certo inferiori a quelli di Saddam.L’impiccagione eseguita 
proprio nel giorno della festa del sacrificio, una ricorrenza sacra per i 
musulmani, inoltre, ha un sapore provocatorio che denota la solita, arrogante 
cecità rispetto alle conseguenze dei propri atti. E’ facile prevedere un aumento 
della tensione e della violenza in un paese già martoriato da attentati 
quotidiani, come confermato dalle prime notizie arrivate dall’Iraq.L’Iraq 
non ha bisogno di esibire come un trofeo il cadavere del suo ultimo dittatore, 
ma del ritiro delle truppe d’invasione e di un serio impegno internazionale per 
riportarvi giustizia e riconciliazione.
	
